Resized... un Blues Fuori Scala?
Passeggiando in cerca di silenzio, pentagramma ottimale, ho pochi giorni fa incontrato l’amica, artista Claudia Fofi.
Poche parole che viaggiavano come molecole animate dal fiatone in cui Claudia mi ha lanciato un “vorrei scrivessi qualcosa sul tuo nuovo album da pubblicare sull' Umbria In Voce Magazine!"
Parlare di se stessi a 55 anni; tre percorsi:
- Autoreferenza più autocommiserazione;
- Rivendicazione ideologica;
- Guardarsi la punta dei piedi cercando l'ombra dell'altro.
Imbocco la terza via con il timore di beccare ragnatele e déjà-vù improvvisi.
Il blues racconta di come la sacralità dell’esistente sia maledettamente scollegata dal come vorremmo disegnare il nostro dolore.
Il dolore è fuori dalla nostra architettura terrestre ma il blues è un geometra sornione e obbiettivo.
E’ un proverbio senza profezia fatto di profeti sull’altare dell'oggi.
E’ il sesso del cuore fatto di fango; se infilo la mano nel taschino della giacca, posso palparne la consistenza, in qualsiasi momento.
Fuori dalla traiettoria della nostalgia provo ad alleviare dai più giovani il fardello di cose che sentono "stantie".
La retorica spesso si trasforma in pozzanghere che non riflettono i loro volti e vorrei lasciargli un’acqua che proviene dalla sorgente ma che disseti il blues del loro tempo.
Tutto ciò mi interroga continuamente sul cosa stiamo combinando come società artistica.
L’adesione al si o al no senza mai passare per il boh mediato da una azione spesso ipocrita in quanto specchio del paradigma in cui ci muoviamo, ha generato in me, la voglia di far partire un piccolo corso d’acqua conscio del fatto che, forse, qualcun altro lo renderà navigabile.
A torto o a ragione ho avuto in parte torto.
Ma una scheggia di tutto ciò è schizzata via: la PBB
“Raffo” Barbi, è stato per me l’altro con cui riscrivere l’inizio, Franz Piombino, Alex Fiorucci e Riccardo Fiorucci gli altri con i quali svilupparlo.
Natali diversi dai quali proviamo a tradurre in note la borghese latenza figlia delle sue stesse contraddizioni.
Mettere i disagi sullo stesso piano si sta trasformando nel costume dove ognuno ha il suo feudo morale e il suo ognuno.
Questo tempo ha trasformato la mia umile anima in un luogo a volte ostico, con il quale fare i conti ma dal quale trarre spunti; tanta voglia di rompere gli oggetti per dare anima alla materia.
E’ ormai qualche anno che la musica suonata per essere suonata non mi basta più.
L’autoreferenza che poggia su degli stereotipi rassicuranti (il blues per i bluesofili, l’etnica per etnologi, ecc.) mi ha seriamente stancato e la trovo francamente razzista.
O i miei 40 anni di musica ma soprattutto di furgoni si trasformano in un Blues che si amplifica nel tombini di quello che siamo oggi, o non ha più senso fare shuffle in MI fino ad inserimento definitivo di catetere senile.
RESIZED, il mio quindicesimo album ed il primo della PBB, è una fionda emotiva e transitiva, un mettere insieme ciò che mi ha fatto più volte rialzare per fotografarlo con coerenza contemporanea grazie agli altri; è l’istantanea che anticipa l’uscita di OUT OF THE FRAME; un blues che esce dal recinto, con le sue ferite graffiate dal filo spinato.
Il mondo sta cambiando, forse morendo, forse trasfigurando, non lo so, ma se continuiamo a ragionare in termini di “torniamo alla vita di prima” la vita di prima sarà peggiore di quella di domani in quanto avrà la sua rincorsa!
Questa è la nostra ballad!
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